Il lavoro agile (o “smart working”) è una modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato che è oggetto di un patto firmato dal singolo lavoratore e dal singolo datore di lavoro e che è caratterizzato dall`assenza di vincoli orari o spaziali, da un`organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi, nonchè dall’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto (come ad esempio: pc portatili, tablet e smartphone).
Tale modalità della prestazione è stata introdotta dalla Legge n.81/2017 al fine di consentire al lavoratore di conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, di favorire la crescita della sua produttività.
Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento economico e normativo rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie (essendo prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali).
Come accennato, allo smart working si accede a seguito di un accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro, accordo che dovrà essere inviato dall’ azienda sottoscrittrice sull’ apposita piattaforma informatica messa a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il termine “lavoro agile o smart working” è spesso utilizzato come sinonimo di “telelavoro” per indicare lo svolgimento della prestazione lavorativa in un luogo diverso dalla sede aziendale. Dal punto di vista normativo, tuttavia, vi è una differenza: infatti, mentre il lavoro agile è solo una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato pubblico o privato, il telelavoro è una tipologia contrattuale che ha trovato una specifica regolamentazione nel 1999 nell’ambito del pubblico impiego. Il telelavoro richiedeva l’installazione a casa del lavoratore (o in unico altro luogo prescelto) di una postazione informatica pesante ( tower, tastiera e monitor) collegata con l’azienda, in cui il lavoratore potesse svolgere lo stesso lavoro statico che avrebbe dovuto svolgere in ufficio. L’attuale lavoro agile costituisce, invece, una forma di lavoro più focalizzata sul risultato, indipendente dagli orari e dal luogo della prestazione (che, infatti, può svolgersi anche in treno o in aereo e non necessariamente presso un unico luogo indicato dal lavoratore).
In occasione delle misure adottate nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 (Coronavirus), il Presidente del Consiglio dei Ministri, come noto, ha emanato una serie di decreti nei quali si è raccomandato alle imprese il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile ( per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza). In deroga alla procedura telematica di cui alla legge 81/2017, l’accordo individuale da inviare telematicamente è stato sostituito da un’autocertificazione del datore di lavoro, con l’obbligo di quest’ultimo di comunicare al lavoratore (anche tramite e-mail, whatsapp o sms) la data dell’inizio e la data della fine della prestazione in smart working e di informarlo che tale modalità è finalizzata ad impedire il più possibile la circolazione dei lavoratori e i contatti tra gli stessi.
Per tutta la durata dell’emergenza, dunque, è stato consentito al datore di lavoro di modificare unilateralmente la modalità di esecuzione della prestazione trasformandola in smart working. Tale situazione ha posto una serie di interrogativi riguardanti, ad esempio, le regole da adottare per la sicurezza del lavoratore o la gestione di un lavoratore che si rifiuti di svolgere lo smart working perché avente una situazione familiare o strumenti informatici che non consentono di lavorare a distanza.
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